La crisi picchia sul Friuli

Riporto questa condivisibile lettera di risposta all’articolo pubblicato in prima pagina sul Messaggero Veneto di giovedì 3 gennaio 2013 “La crisi picchia sul Friuli”.

Caro Direttore

Il suo giornale ieri in prima pagina apriva con un titolo molto eloquente, almeno quanto drammatico per le ripercussioni sulle famiglie di imprenditori e lavoratori coinvolti. La crisi picchia duro sul Friuli come si trattasse di un incontro di box con un pugile dal gancio particolarmente potente. Drammaticamente così è! Ciò che fa però gelare il sangue nelle vene è che quanto sta accadendo era scritto, e non sul calendario dei Maya, ma nell’agenda del buon senso.

Era evidente fin dallo scoppio della pandemia innescata dalla bolla finanziaria americana che la crisi avrebbe picchiato duro soprattutto le economie fragili del vecchio continente. Ma il nostro Governatore per almeno un triennio si è premurato di fare il verso al Presidente del Consiglio, affermando che non c’era nulla da preoccuparsi in quanto noi saremmo stati immuni dagli effetti pandemici, giustificandosi con il fatto che le nostre banche non avevano in grembo titoli tossici e che noi siamo grandi risparmiatori.

Che non ci fossero stati crolli di colossi alla Freddie Mac e FennieMae o fallimenti alla Lehman Brothers era chiaro a tutti, anche perché (sfortunatamente) non ne abbiamo. Ma la preoccupazione che la crisi stia “picchiato duro” è evidente anche ai non addetti ai lavori. La pandemia globale sta colpendo molto violentemente soprattutto le economie, come la nostra, che da tempo sono afflitte da mali interni mai curati.

La crisi apparentemente nuova ha origini profonde e lontane nel tempo e, proprio per questo, per trarne utili insegnamenti, diviene indispensabile comprenderle. Le origini di questi mali sono attribuibili sia ad una debolezza strutturale dovuta alle piccole dimensioni dei sistemi produttivi, ad una amministrazione pubblica incapace di esprimere quella dinamicità necessaria a sostenere lo sviluppo, ma anche un sistema complessivo inadeguato a rilanciare, nell’era della conoscenza, una rapida crescita.

Ma anche l’eccessiva specializzazione dei nostri sistemi industriali sulla produzione di beni tradizionali che sta progressivamente erodendo la competitività rendendoli troppo esposti alla concorrenza dei Paesi emergenti che hanno il vantaggio sia del basso costo della manodopera che dell’energia.

Ecco allora che mentre tutto il mondo dissotterrava gli strumenti della politica industriale, adeguandoli al nuovo clima competitivo, in Regione cosa abbiamo fatto? Qualcuno si è occupato delle mostre di fumetti altri sono riusciti unicamente a rispolverare i vecchi ammortizzatori sociali, sicuramente necessari nel breve periodo, ma altrettanto sicuramente insufficienti nel lungo periodo. E, purtroppo, questa crisi è particolarmente subdola, non si accontenta di un gancio ma picchia ai fianchi fino a demolire qualsiasi resistenza da parte delle imprese. Ecco allora che sarebbe stato indispensabile, vista la tanto richiamata specialità, un’azione in grado di incidere nel profondo della specializzazione intelligente dei nostri sistemi produttivi e finanziari.

Per poter fare questo però, come ci insegnerebbe un buon capitano di barca, è indispensabile avere chiare le coordinate del porto per poter sfruttare al meglio il vento, ovvero costruire un progetto di futuro che possa ridare speranza ai giovani e ai disoccupati e far sentire meno soli gli imprenditori. Dopo cinque anni di iniziative politiche improvvisate, basate un’unicamente su un’idea difensiva delle imprese appare urgente riannodare i fili della politica industriale regionale per rafforzare da un lato i sistemi innovativi e i (pochi) campioni presenti sul territorio, dall’altro diffondere i flussi di conoscenze per favorire la nascita di specializzazioni intelligenti.

Le elezioni sono alle porte e il territorio sta attendendo da troppo tempo risposte. Su queste basi il candidato Presidente dovrà proporci un’idea nuova di sviluppo se non vogliamo continuare a subire passivamente il declino della nostra Regione.

Dott. Graziano Lorenzon – Economista industriale

 

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Una reazione a La crisi picchia sul Friuli

  1. Alberto Bergamin ha scritto:

    assolutamente condivisibile l’analisi e la proposta. è di questo tipo di approfondimento che abbiamo bisogno per “pesare” la credibilità dei candidati alla presidenza della regione. Ovviamente dopo aver severamente richiamato alle sue responsabilità chi in cinque anni non ha saputo mettere sul piatto una seria, credibile proposta di politica economica, aderente e coerente con la realtà regionale.

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