Vita Nuova di Trieste – 12 aprile 2014. Di Elisabetta Batic
La specialità delle Regioni? Gaetano Silvestri (Corte costituzionale): un dato di fatto, non deve essere un capriccio della politica
.
«La specialità è un fatto e non è frutto di una volontà politica mutevole nel tempo». Un monito o un avvertimento? In ogni caso parole da prendere seriamente in considerazione per chi fa politica di questi tempi. Ad affermarlo è stato il presidente della Corte costituzionale Gaetano Silvestri durante il confronto avvenuto a Roma nei giorni scorsi con il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop (affiancato dagli altri presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni speciali) nell’ambito della riforma in atto del Titolo V della Costituzione da parte del governo Renzi.
Secondo Silvestri la via da seguire è quella del rafforzamento del ruolo delle Commissioni paritetiche Stato-Regione, «molto importanti per l’attuazione degli Statuti speciali». «Il loro lavoro – ha detto il presidente della Consulta – deve essere più incisivo e maggiormente considerato anche per far sì che l’esercizio della specialità possa evolversi adeguandosi al mutare delle condizioni specifiche del Paese e dei singoli territori». La specialità, ha osservato inoltre Silvestri, «si basa su elementi storici stabili che non possono essere disconosciuti, tanto meno da fatti contingenti». E ancora: «il regionalismo deve essere cooperativo e basarsi sul metodo della negoziazione ragionevole con lo Stato, secondo il principio della leale collaborazione». Iacop ha espresso la necessità che il disegno di riforma della Costituzione preveda l’introduzione di una clausola espressa di salvaguardia degli Statuti speciali e del cosiddetto «metodo pattizio» alla base delle relazioni finanziarie al fine di evitare i sempre più ricorrenti interventi dello Stato con legge ordinaria.
Intanto, il Consiglio regionale ha approvato la mozione che ribadisce il valore della specialità sotto il profilo dell’autonomia finanziaria e dei tributi. Per la presidente della Regione Debora Serracchiani la via da seguire è quella del «metodo pattizio» per entrare «nella carne viva delle singole competenze» poiché, per difendere la specialità, «non c’è clausola di salvaguardia che tenga». «Tratto, modifico il mio statuto e lì inserisco una volta per tutte quello che fa lo Stato e quello che fa la Regione», ha chiarito invitando a evitare le divisioni politiche. Il tema della specialità, particolarmente delicato, ha visto le opposizioni lanciarsi all’attacco sul nuovo incarico di vicesegretario nazionale del Pd della presidente Serracchiani. Specialmente ora che si tratta di difendere e salvaguardare la specialità e l’autonomia del Friuli Venezia Giulia nell’ambito del processo di riforma del Titolo V della Costituzione, Forza Italia e il Movimento 5 Stelle hanno avanzato dubbi e perplessità. A sollevare il nodo politico del «conflitto di interessi» è stato il capogruppo forzista Riccardo Riccardi: «chiediamo autorevolezza a Serracchiani, ma la impegniamo come presidente di Regione o come vicesegretario del Pd?». Concetto rafforzato con un tweet al vetriolo: «In Italia adesso abbiamo tre camere: Senato, Camera dei Deputati e Segreteria Pd». «Come possiamo fidarci – ha osservato la capogruppo grillina Elena Bianchi – che la nostra presidente rappresenti le indicazioni e gli interessi della Regione soprattutto alla luce delle ultime esternazioni nei confronti del presidente Grasso richiamandolo ad adeguarsi alla posizione del partito di cui fa parte?». Sul nuovo ruolo della governatrice si è espresso anche il capogruppo del Pd Cristiano Shaurli: «La difesa dell’esistente in questo momento non è concessa a nessuno».