Il Piccolo – 8 gennaio 2015. Di Fabio Ziberna, Giuliani nel Mondo
L’esempio del Sudafrica per rifare il Porto Vecchio
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Chi scrive ha avuto modo di seguire e di essere partecipe in prima persona (politicamente, economicamente, giornalisticamente, settorialmente nel campo marittimo e non ultimo ma anche come cittadino) per oltre mezzo secolo le vicende e quanto collegato dello scalo giuliano e delle sue realtà (PFV, PFN, Scalo Legnami, SIOT, Molo VII, ecc.) nelle centinaia di riunioni, sedute, meeting, incontri, tavole rotonde, delegazioni, fiere per non parlare di protocolli e dichiarazioni soprattutto all’estero sia in Europa quanto oltremare. Più avanti indico alcuni dati – forse – prematuri ma dovrebbero essere presi in debita considerazione, valutati, inseriti nel vaso di Pandora e quindi pronti al momento propizio.
Lungi da me avanzare proposte, suggerire soluzioni non facendo parte – temporaneamente – più al mondo politico-economico attivo. Semplicemente – alla luce di una mia recente esperienza e presenza a Città del Capo (Sud Africa) ed all’incontro che una delegazione ristretta, comprendente il presidente del Consiglio Regionale del Fvg, Franco Iacop, ha avuto con le massime autorità del Waterfront, con una minuziosa visita guidata e poi a colloquio per oltre un’ora nella sede sociale con – Steven Bentley harbour master, Andre Blaine executive manager commercial property management e Mike Brokenshire director planning development, elencare una serie di dati ed elementi di questa meravigliosa realtà economico-cittadina definita dagli stessi vertici portuali “il gioiello del Sud Africa” e che – sempre a detta dal management di Victoria and Alfred Waterfront potrebbe rappresentare un modello per lo scalo di Trieste sì da risultare “il gioiello dell’Adriatico”.
Ben 24 milioni di presenze all’anno tra abitanti di Città del Capo, della Provincia stessa, turisti sud africani ed esteri ed ovviamente croceristi. Ecco una perfetta simbiosi tra porto e città! Il dato di cui sopra e quanti altri più sotto elencati sono conseguenti di una lungimirante visione da parte del mondo economico-politico di gestione della struttura, dove i tre principali attori hanno e operano, nel quadro delle rispettive competenze e obiettivi, all’unisono pur nell’alternarsi il summit della dirigenza e non da pochi mesi, ma da ben 24 anni (data ufficiale dell’inizio delle attività commerciali del Waterfront: 1990).
Passiamo quindi alle cifre in parte contenute pure nella pubblicazione ”Waterfront Economic Contribution” che mette in luce il potenziale impatto economico del complesso portuale per il futuro sviluppo fino al 2023 che si basa sull’imprenditoria privata nelle più svariate sfaccettature, sul sociale e l’industria del turismo.
Perché il sociale! Il Waterfront corporation, che oggi impiega circa mille persone di cui 230 nella società di gestione, presenta una compagine societaria composta da privati che confluiscono in un’unica realtà, dal Fondo governativo pensioni e da una pubblic corporation di investimenti.
Complessivamente sono occupate 17mila persone suddivise nelle varie categorie (dipendenti fissi, part-time, occasionali, ecc.). La struttura si irradia su 120 ettari, ben 450 sono le attività commerciali, 80 i pubblici esercizi (esiste un depliant della ristorazione dei suddetti locali con elencate cucine italiana, asiatica, portoghese, spagnola, giapponese e quella locale), 11 alberghi, 570 appartamenti venduti e 170 in fase di costruzione. La marina ospita 250 posti barca. Quindici sono i moli del porto commerciale dove possono attraccare una quarantina di navi con annessa industria di lavorazione del pesce. Per quanto attiene gli spazi commerciali nel 2011 risulterebbero occupare 83mila mq.. I posti macchina destinati a parcheggio si attestano a 2178 all’aperto e 5.064 in aree coperte. Non manca l’eliporto. Le attrazioni turistiche sono 19 fra cui un delfinario unico al mondo. Un dato che fa pensare attentamente. La struttura (cioè tutto ciò che ruota attorno a questa attività) ha contribuito nell’ultimo decennio mediamente ogni anno alla formazione del Pil con un 10 per cento. Inoltre dal 2002 ad 2012 sempre la struttura ha dato un apporto all’economia del Sud Africa con 198 bilioni di Rand (1 Euro 10-14 Rand).