(ACON) Udine, 13 apr – MPB – Le nuove povertà, con particolare riferimento alla realtà degli anziani e dei pensionati, e il ruolo della Regione e delle associazioni, sono state al centro di un incontro-conferenza, a Udine, promosso dal coordinamento unitario del Capla del Friuli Venezia Giulia nella sede della Fondazione Crup in via Manin, e salutato con favore dal presidente del Consiglio regionale Franco Iacop che, aprendo i lavori, ha ricordato l’impegno della Regione sulle tematiche sociali e sanitarie e l’investimento in finanziaria di 10 milioni per il sostegno al reddito e l’emersione dalla povertà. Un’attenzione condivisa dalla Fondazione che guarda – ha ricordato il presidente Lionello D’Agostini – con forte interesse al terzo settore. Un appuntamento che il Coordinamento delle associazioni di categoria dei pensionati – Capla FVG, che conta 80 mila soci in regione fra i pensionati dell’area degli ex lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, agricoltori), ha organizzato per una prima riflessione sui principi che dovranno guidare il piano di cui la Regione si deve dotare.
L’incontro, che ha registrato grande interesse da parte del pubblico che ha animato anche un vivace dibattito, si è sviluppato intorno alla relazione svolta dalla consigliera regionale Silvana Cremaschi che, delineando il quadro regionale dentro la cornice nazionale di 6 milioni di persone in povertà assoluta e di 8 milioni in povertà relativa, ha evidenziato come povertà e diseguaglianza siano due termini in relazione poiché la diseguaglianza è presente in forme diverse in ogni società e la povertà riguarda l’estremo inferiore della diseguaglianza e ne è la conseguenza. Per questo – ha avvertito Cremaschi – occorre passare da una concezione individualistica della povertà – con conseguenti scelte operative politiche orientate a interventi assistenziali individuali nei confronti delle persone considerate povere – a quella che considera il fenomeno prodotto da determinate dinamiche sociali fondate sull’ingiustizia e sulla protezione corporativa e categoriale, con conseguenti azioni di politica sociale tese anche modificare i meccanismi sociali dell’ingiustizia, della diseguaglianza e, di conseguenza, della povertà.
Il 7,6% della popolazione è quasi povera e il 28,4% è a rischio povertà, ma – ha spiegato la consigliera – le nuove povertà non individuano una classe sociale omogenea e riconosciuta, ma una massa dai contorni indefiniti, frammentata e invisibile, priva di autorappresentazione e di cultura propria. Le povertà sono poi mutevoli, se si guarda a famiglie, minori e giovani, anziani e alle diseguaglianze che si manifestano in particolare fra i pensionati.
Una indagine della Fondazione Brodolini sulle condizioni di vita delle famiglie del Friuli Venezia Giulia (un campione di 2000 famiglie nel 2013-14) ha evidenziato il 12% di povertà relativa, un dato inferiore alla media italiana (18,2%) ma superiore a quello del Nord Est (9,6%) e del Nord Ovest (11,1%). Stesso trend per quel che riguarda la fotografia della deprivazione materiale: il 4% in FVG si confronta con il 5,8% del resto del Paese, il 3,3% del nord Est e il 3,5% del Nord Ovest; in linea con la media nazionale il dato del working poor, ovvero di coloro che pur lavorando hanno un reddito equivalente netto che li pone al di sotto della soglia di povertà. Il 25,9% di chi è uscito da una situazione di povertà vi è ricaduto per almeno un anno nel biennio successivo.
Inoltre, ha sottolineato a margine, Cremaschi, questo è l’inizio del dibattito sul contrasto alla povertà che verrà affrontato dalla Regione. Le azioni di contrasto non devono consistere solo in elargizione di contributi a determinate categorie, ma essere universali innanzitutto e accompagnate da azioni positive orientate all’inclusione sociale e lavorativa.
Infatti, se la povertà non è solo deprivazione economica, ma un fenomeno cumulativo e dimensionale che si trasmette dai genitori ai figli, occorre lavorare per ridurre le diseguaglianze e per aumentare la coesione sociale. Piano sociale, casa, infrastrutture, sanità e buone prassi di cittadinanza attiva sono strumenti che devono camminare insieme. Come pure il sussidio va accompagnato con il sostegno all’inclusione attiva e con i servizi. In sostanza, il contributo economico deve andare insieme con un patto tra beneficiario e istituzioni in vista di un reinserimento lavorativo o di un percorso formativo per rientrare nel mondo del lavoro.
Dall’analisi e dalle osservazioni emerse nel dibattito molti gli spunti utili per il lavoro che potrà svolgere la terza Commissione consiliare regionale in vista della stesura di un documento specifico.