(ACON) Trieste, 22 mag – RCM – Un convegno per parlare dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transgender a pochi giorni dalla Giornata internazionale contro l’omofobia voluta dall’Unione europea per ricordare il 17 maggio 1985, quando l’omosessualità venne cancellata dalla lista delle malattie mentali nella classificazione internazionale delle malattie pubblicata dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Lo ha promosso a Trieste il Garante regionale per le persone a rischio di discriminazione, che fa parte del collegio del Garante regionale dei diritti della persona, Walter Citti, intitolandolo appunto ‘I diritti delle persone Lgbt. La prevenzione e il contrasto all’omofobia e alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e/o l’identità di genere’.
Due i momenti del convegno: una prima parte dedicata agli aspetti giuridici, volta ad affrontare argomenti quali il divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale nell’ordinamento italiano ed europeo, la tutela penale contro l’omofobia, i diritti delle persone Lgbt nel quadro della libera circolazione europea; la seconda centrata prevalentemente sulle buone prassi e le strategie di prevenzione e contrasto delle istituzioni e della società civile, le politiche di solidarietà, la tutela legale contro le discriminazioni.
Ad aprire i lavori, il presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop.
Questo evento – è la riflessione di Iacop – ci ricorda come per lungo tempo l’omosessualità sia stata giudicata una devianza da cui far discendere discriminazioni, se non vere e proprie persecuzioni, e come tali atteggiamenti e pregiudizi si siano riprodotti anche all’interno di società democratiche e liberali e persistano tuttora nella scena internazionale: a tutt’oggi, vi sono alcuni Stati in Africa e Asia che puniscono l’omosessualità con la pena di morte, e almeno 65 Stati nel mondo prevedono la pena detentiva per atti di omosessualità, il che ha spinto l’Unione europea a includere il godimento dei diritti delle persone Lgbt tra le proprie linee guida in materia di politica estera per la promozione dei diritti umani e della democrazia.
Ma anche il nostro Paese – afferma ancora il presidente dell’Assemblea legislativa regionale del Friuli Venezia Giulia – ha avuto e sconta tuttora una grande difficoltà a considerare in un’ottica non discriminatoria l’orientamento affettivo e sessuale e l’identità di genere come dimensioni essenziali della personalità di ciascun essere umano, con la conseguente piena accettazione degli orientamenti omosessuali come fenomeni normali anche se minoritari. Ne sono scaturiti ritardi e lacune nel riconoscimento giuridico delle relazioni all’interno della coppia omosessuale, così come anche nel quadro normativo volto ad assicurare alle persone Lgbt il diritto alla piena integrazione sociale in un’ottica di piena uguaglianza e pari opportunità.
Per Iacop, è compito innanzitutto del legislatore nazionale colmare tali lacune e ritardi, innanzitutto approvando una disciplina che assicuri alle coppie omosessuali stabilmente costituitesi un quadro di diritti e doveri attinenti alla vita familiare equiparabili a quelli previsti dall’istituto matrimoniale, come richiesto dalla Corte costituzionale ormai dal 2010 e ribadito nel 2014. Sarebbe ugualmente auspicabile, in linea con quanto già avvenuto in altri Paesi europei, l’estensione della tutela in sede civile nei confronti di atti e comportamenti discriminatori fondati sull’orientamento sessuale, anche al di fuori dell’ambito dei rapporti di lavoro, come ad esempio nell’offerta di beni e servizi al pubblico.
Anche le Regioni – non nega il presidente – possono svolgere un ruolo importante nella prevenzione e contrasto alle discriminazioni, negli ambiti di propria competenza, riferiti ad esempio alle politiche sociali ed educative. In questo senso, nel corso della presente legislatura, la nostra Regione ha compiuto alcuni significativi passi in avanti, innanzitutto con la ricostituzione attraverso la legge n. 9 del 2014 di un’Autorità di Garanzia, il Garante dei diritti della persona, al cui interno appunto è stato individuato un componente con funzioni di garanzia per le persone a rischio di discriminazione con un mandato esteso anche alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Inoltre, la Direzione Lavoro, Istruzione, Pari opportunità è stata impegnata nella realizzazione di un importante progetto di monitoraggio, prevenzione e contrasto del bullismo omofobico nelle scuole, frutto di una collaborazione con l’Università di Trieste, l’Ufficio scolastico regionale, le associazioni rappresentative della popolazione Lgbt in FVG, che certamente costituisce una buona prassi da condividere con le altre regioni italiane e i lavori del pomeriggio offriranno per questo un’occasione fruttuosa.
Iacop ha, quindi, concluso con una riflessione critica nei confronti di chi, di fronte a tali importanti iniziative, si ostina ad avanzare obiezioni secondo cui si tratterebbe di argomenti di importanza residuale e non prioritaria, soprattutto nell’attuale contesto di crisi economica e sociale. Al riguardo, ha ricordato innanzitutto come la nostra Costituzione si fondi su un principio ‘personalista’, per cui l’obiettivo ultimo della politica e delle istituzioni è di creare le condizioni affinché a ciascuno venga data la possibilità di realizzarsi integralmente in tutte le dimensioni della sua personalità. Ugualmente, la lotta alle discriminazioni, e tra queste anche quelle fondate sull’orientamento sessuale, sono elementi centrali e cardine delle politiche europee nell’ambito della realizzazione degli obiettivi di una crescita economica e sociale intelligente, solidale e inclusiva (la c.d. Strategia Europa 2020). Le istituzioni pubbliche preposte alla gestione e che beneficeranno dei finanziamenti europei nell’ambito della programmazione europea 2014-2020, dovranno improntare le loro progettualità alle finalità e agli obiettivi di garantire l’eliminazione delle diseguaglianze, la promozione della parità tra uomini e donne, contrastando le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale, facendo sì che tali principi siano condivisi e integrino ogni attività e servizio, nell’ottica di ‘mainstreaming’, ovvero da ambito circoscritto a livello di sistema in un ambito più generale.
Al Garante regionale Walter Citti il compito di fare un excursus storico del cammino che l’Italia, ma non solo, ha percorso per il riconoscimento dei diritti delle persone Lgbt, partendo dai primi passi del 1982 e passando a realtà quali Gran Bretagna, Irlanda, Turchia, Germania, Svezia.
Citti ha, poi, ricordato che le indagini condotte anche recentemente a livello europeo da istituzioni quali l’Eurobarometro e l’Agenzia europea dei diritti fondamentali evidenzino come in Italia sia superiore alla media europea la percezione del fenomeno delle discriminazioni e delle molestie subite da persone gay, lesbiche e transessuali, in particolare per quanto concerne l’uso di un linguaggio offensivo e inappropriato da parte di esponenti politici o pubblici, o la diffusione di comportamenti di bullismo nelle scuole. Pertanto, il suo auspicio è un sempre maggiore ruolo delle istituzioni regionali e locali nell’attuazione di piani, progetti e iniziative concrete per la prevenzione e il contrasto alle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e all’identità di genere, presupposto per una società più inclusiva, aperta al pluralismo sociale e fondata sulle pari opportunità.
Il Garante non ha mancato di sottolineare una certa inerzia legislativa da parte del nostro Parlamento. Ed è proprio ai parlamentari della Regione FVG che ha indirizzato la richiesta di adoperarsi affinché le Camere approvino in breve tempo la proposta di legge attualmente in discussione al Senato sulla disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, la quale prevede un regime giuridico equiparabile a quello previsto dal matrimonio soprattutto per quanto attiene i diritti opponibili a terzi. Si ottempererebbe così – ha sottolineato Citti – agli obblighi derivanti dal rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza e di realizzazione della persona, già ricordati da troppi anni dalla Corte costituzionale fin dalla sentenza n. 138 del 2010.