Avvenire – 3 febbraio 2016. Di Micaela Pola
Foibe. Giornata del Ricordo anche a Trieste
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Difficile aggiungere qualcosa a queste parole, che hanno colto in pieno il senso di questa giornata. Sono state parole di storia vissuta, libere, le più opportune che si possano dire per commentare un pezzo di storia tanto difficile»: così la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ieri ha concluso in Aula consiliare la commemorazione del Giorno del Ricordo, dedicata all’esodo dei giuliano-dalmati e al dramma delle foibe. A tenere l’orazione pubblica l’inviata di Avvenire, Lucia Bellaspiga, che ha narrato le vicende dal dopoguerra ad oggi attraverso le memorie raccolte negli anni per il nostro giornale dalla bocca dei testimoni, patrimonio altrimenti destinato a sparire con i protagonisti. Le persecuzioni degli italiani dell’Istria e della Dalmazia da parte del dittatore jugoslavo Tito durante e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, infatti, sono una delle pagine più censurate e meno note della nostra storia, scomode per molti e quindi per 60 anni taciute. A Trieste ieri era la prima volta che il Giorno del Ricordo – istituito per legge nel 2004 – veniva celebrato dalle istituzioni, evento sentito come storico dalle comunità degli esuli.
«Ci abbiamo messo molto tempo per far riaffiorare una delle pagine più dimenticate della storia italiana, è indubbio – ha aggiunto Serracchiani- ed è anche grazie a Giorgio Napolitano se nel 2007 finalmente si è potuto parlare di un passato fino a quel momento taciuto. La memoria forse non è ancora del tutto condivisa, ma è accettata da tutti. Le parole ascoltate in quest’aula dalla giornalista Bellaspiga aiutano a una riflessione trasversale».
Ad aprire la solennità civile era stato il presidente del consiglio regionale, Franco Iacop, che alla presenza delle associazioni di esuli ha ricordato come il Giorno del Ricordo, «riconoscimento umano e istituzionale, non ha nulla a che vedere con il nazionalismo, ma anzi rappresenta uno sforzo di rilettura comune ora che le repubbliche di Slovenia e Croazia sono parte di un’Europa nella quale nessuna identità va sacrificata. Non dobbiamo stancarci di condannare con tutto lo sdegno i crimini efferati, e la sfida si gioca su capacità di investire nel futuro, memori di ciò che è accaduto, ma protesi a realizzare un mondo diverso».