(ACON) Udine, 6 mag – COM/MPB – Benvenuti. Benvignus. Dobrodosli. Willkommen.
Con un saluto scandito nelle quattro lingue parlate nella nostra regione, il presidente del Consiglio del Friuli Venezia Giulia, Franco Iacop, ha accolto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i primi cittadini e consiglieri regionali della ricostruzione, l’on. Giuseppe Zamberletti che ricoprì l’incarico di Commissario straordinario per l’emergenza, le numerose autorità, i colleghi amministratori e i sindaci delle comunità locali intervenuti alla seduta straordinaria dell’Assemblea legislativa, sottolineando che è la prima volta che si tiene in forma così solenne in Friuli.
“A 40 anni dal terremoto del 1976 – ha esordito Iacop – siamo chiamati a ricordare non solo quei drammatici momenti, con il loro carico di lutti e sofferenze, ma anche l’esaltante processo di rinascita che ha assicurato nuove condizioni di crescita e di sviluppo al Friuli.
Suo tramite, signor presidente, nel suo alto Ufficio di rappresentante dell’Unità nazionale, rinnoviamo oggi la gratitudine dei friulani per quanti si resero protagonisti della grande solidarietà che allora ci venne espressa dallo Stato, anche con il sacrificio delle forze armate e dei vigili del fuoco, dalle Regioni e dalle comunità locali del Paese, dallo straordinario mondo del volontariato, dalla Chiesa friulana e dalle Diocesi italiane, e da decine di Paesi stranieri, che si prodigarono nell’emergenza e diedero un contributo fondamentale nell’opera di ricostruzione.
L’attribuzione della responsabilità diretta alla Regione e ai Comuni nell’opera di ricostruzione fu resa possibile dal decentramento di poteri e di funzioni da parte del Governo nazionale; la nostra specialità statutaria, unita alla capacità di attuare un’efficiente programmazione delle risorse attribuite dallo Stato, risultò la chiave di volta che consentì di risolvere con grande efficacia le problematiche connesse alla ricostruzione: la storia di quelle prime drammatiche ore ci racconta di un momento in cui le istituzioni nazionali e tutto il Paese diedero fiducia al Friuli (e la diedero prima di tutto ad Antonio Comelli in un mutuo patto di intesa e stima con il presidente Moro) per affidare, per la prima volta, strumenti straordinari proprio a chi dalla tragedia era stato colpito, assicurando il collegamento attraverso l’opera infaticabile del Commissario straordinario di governo.
Una sfida – quella dell’autonomia – che proprio Antonio Comelli, indimenticato presidente della rinascita, seppe raccogliere e portare avanti con forza e dedizione: una storia, la sua, che idealmente sottolineiamo oggi con l’intitolazione di questa sala alla sua memoria, al suo lavoro, alla sua rettitudine, al suo impegno politico e civile.
La sua autorevole presenza oggi, signor presidente, rende questo omaggio ancor più pregno di significato.
È indubbio che il riconoscimento di quei risultati va condiviso con i sindaci e i tanti amministratori locali, consiglieri regionali e parlamentari, che nei decenni passati si sono prodigati con impegno e dedizione, scrivendo una pagina decisiva nella valorizzazione delle comunità locali e delle loro istituzioni: essi si resero protagonisti di un dialogo intenso con i cittadini, con le categorie produttive, con le forze sindacali, con la società civile, definendo scelte scaturite dalla partecipazione attiva delle popolazioni colpite.
Decisivo è stato anche aver impostato la ricostruzione guardando al futuro del Friuli, puntando alla prioritaria riattivazione dell’apparato produttivo, alla conservazione e alla rinascita dei paesi originari, dove erano e come erano, all’approvazione e promozione di nuovi strumenti di progresso civile e di crescita economica e culturale, come l’Università del Friuli, e alla realizzazione delle grandi infrastrutture che hanno agganciato la nostra regione al contesto europeo circostante.
Non ultime, la predisposizione e l’approvazione di un corpus legislativo speciale e di una serie di strutture e provvedimenti amministrativi dotati di grande flessibilità, necessari per affrontare le complessità della ricostruzione.
Mi permetta di ricordare in proposito, signor presidente, anche l’impegno del Consiglio regionale che, con reale condivisione, seppe superare ogni distinzione politica e si riunì già nella mattinata dell’8 maggio 1976 per approvare in via d’urgenza due importanti strumenti: l’istituzione del fondo di solidarietà e le nuove norme in materia di calamità naturali. Furono quelli i primi di molti interventi che seguirono negli anni.
Va sottolineato come la straordinaria prova di solidarietà, di gestione e di speranza scaturita dalla catastrofe del 1976 si deve sì alle istituzioni, ma anche – e soprattutto – al popolo friulano, ai suoi profondi valori e alla sua identità, segnata anche dalle vicende dell’emigrazione, riaffermando in un frangente così grave la rivitalizzazione di un’identità culturale e linguistica che si è arricchita di nuove consapevolezze proiettate in un futuro di maggiore integrazione.
L’opera di ricostruzione delle zone terremotate è stata “eticamente corretta”, come sottolineò l’arcivescovo di Udine, il compianto monsignor Alfredo Battisti, perché era fondata su alcuni valori condivisi dalle popolazioni e che sono stati coerentemente interpretati sul piano istituzionale dagli amministratori di allora: la solidarietà, la coesione, l’assunzione di responsabilità, l’onestà, sono il testamento morale di quei giorni. E proprio allora l’incredibile impegno dei volontari assunse i primi tratti dell’organizzazione della Protezione civile, esperienza poi offerta all’intero Paese.
Signor presidente, sentiamo di poterle attestare che quegli strumenti di autonomia e specialità – che 40 anni fa furono animati da un forte patto di fiducia tra tutti i protagonisti – oggi rappresentano uno strumento decisivo per affrontare le scosse e le emergenze che attraversano queste terre di confine, che noi vogliamo come centro dell’Europa, casa solidale per tutti i popoli.
Un’autonomia e una specialità che rinnovino quel patto di fiducia stabilito – da un lato – tra Regione e Stato, con strumenti più attuali alle mutate esigenze, come avvenne allora per quelli affidatici dal Parlamento e dal Governo nazionale; e – dall’altro – calato all’interno di una comunità regionale che, superando ogni campanilismo, in quei tragici giorni e nei mesi a seguire, si scoprì più coesa e solidale.
Gli esiti della rinascita hanno segnato per il Friuli, certamente, anni di benessere diffuso e solidale, di efficienza del sistema pubblico, di buona qualità della vita per cittadine e cittadini: insieme, siamo stati capaci di affrontare quelle devastanti distruzioni, con una speranza di futuro e una voglia di vivere straordinaria, per noi e per le generazioni future.
Alle cittadine e ai cittadini del nostro Friuli, dell’intera regione, oggi vogliamo lanciare un appello a rinnovare la responsabilità e l’impegno per una nuova ricostruzione nel segno della solidarietà e della coesione per una Regione che, unita, esalti il proprio modello di autonomia.
Oggi, come in quei tragici giorni, è richiesto a ciascuno di noi fare la propria parte, senza attendere che tocchi ad altri compiere il primo passo, regalare il primo sorriso, sollevare il primo sasso, poggiare il primo mattone.
Signor presidente, oggi con un sentimento che fonde orgoglio e riconoscenza, rinnoviamo il grazie del Friuli a quanti si sono resi protagonisti di questa pagina straordinaria della storia della nostra terra”.
E’ seguito l’intervento della presidente della Regione, Debora Serracchiani.
Foto di copertina: Giovanni Montenero.