Messaggero Veneto – 7 maggio 2016. Di Maurizio Cescon
La visita in Regione
Il «grazie» di Mattarella
Omaggio dei sindaci a Comelli. Dedicato al presidente della Regione l’auditorium di Udine
Erano tutti lì, nell’auditorium della Regione da ieri intitolato al presidente Antonio Comelli. Erano tutti lì, idealmente, quelli che restarono sotto le macerie e quelli che ricostruirono, i soccorritori e i preti, i capitani d’industria e gli operai, i senzatetto e gli sfollati, i contadini e i vigili del fuoco, i militari e gli artigiani, le mamme con i figli in braccio, e pure la giovane che al telegiornale in bianco e nero, con sullo sfondo le macerie del suo paese, disse “non serve piangere, bisogna ricostruire”. Il Friuli di quel 6 maggio 1976 si è trasfigurato in quello di oggi, il popolo con i suoi amministratori, e ha ricevuto l’abbraccio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a 40 anni esatti dal sisma che cambiò ogni cosa.
Lo stesso capo dello Stato, subito prima dell’inizio della 222esima seduta del Consiglio regionale, riunitosi in via eccezionale a Udine, ha scoperto un ritratto e una targa all’ingresso dell’auditorium per intitolarlo ad Antonio Comelli, allora alla guida dell’esecutivo del Fvg. Comelli (scomparso nel 1998), è unanimemente ricordato come il presidente della ricostruzione. Accolse la proposta del tutto inedita e ”ardita” dell’allora Premier Aldo Moro di investire la Regione autonoma della responsabilità degli interventi. Ciò diede il via a una stagione esaltante, che vide da una parte il Consiglio regionale fare un deciso salto di qualità nella produzione legislativa e dall’altro l’adozione di una serie di scelte vincenti: i sindaci investiti del ruolo di funzionari delegati, la creazione della Segreteria generale straordinaria come braccio operativo della Regione, la Commissione speciale per i problemi delle zone terremotate in Consiglio regionale, la nascita del sistema moderno della Protezione civile.
Prima dei discorsi ufficiali è stato proiettato un breve filmato estratto dal documentario prodotto dalla Regione e con immagini dell’archivio Rai del Friuli Venezia Giulia e di Rai Teche di Roma: il rumore sordo dell’Orcolat, le case distrutte, i paesi che si svuotano, il terrore negli occhi dei più piccoli, tutto scorre davanti agli occhi attenti di Mattarella. E’ stato il sindaco di Udine Furio Honsell a portare il saluto della città. «Il terremoto fu un’immane tragedia, una devastazione che cancellò vite, speranze, affetti e progetti – ha detto -. Ma fu anche l’inizio di un’epopea che sa di leggenda. Questo popolo ha saputo trasformare il disastro in Rinascimento, scrivendo una pagina memorabile di storia». Honsell ha rimarcato il ruolo dei sindaci «fu decisiva la loro responsabilizzazione. Era una stagione in cui la politica fu vicina ai cittadini, c’era fiducia, autonomia e operatività. Dobbiamo e possiamo applicare quelle stesse idee per i drammi di oggi, come l’immigrazione. Sia sempre vivo il ricordo di coloro che perirono nel terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 e il ringraziamento a coloro che seppero ricostruirlo».
Quindi è stato il presidente del Consiglio regionale Franco Iacop a prendere la parola, evidenziando come l’opera di ricostruzione fu «eticamente corretta, come sottolineò l’allora arcivescovo di Udine Alfredo Battisti, perché era fondata su alcuni valori condivisi dalle popolazioni e che sono stati coerentemente interpretati sul piano istituzionale dagli amministratori di allora: la solidarietà, la coesione, l’assunzione di responsabilità sono il testamento morale di quei giorni». Iacop ha dato il benvenuto al capo dello Stato in italiano, in friulano, in sloveno e in tedesco, le lingue che si parlano in questo lembo d’Italia, «A 40 anni dal terremoto del 1976 – ha aggiunto il presidente del consiglio regionale siamo chiamati a ricordare non solo quei drammatici momenti con il loro carico di lutti e sofferenze, ma anche l’esaltante processo di rinascita che ha assicurato condizioni di crescita e di sviluppo al Friuli. Rinnoviamo la gratitudine dei friulani per quanti si resero protagonisti della forte solidarietà che ci venne espressa dallo Stato, anche con il sacrificio delle forze armate e dei vigili del fuoco». Iacop ha voluto rimarcare come l’assunzione di responsabilità diretta della ricostruzione affidata alla Regione e ai sindaci «risultò la chiave di volta che consentì di risolvere con grande efficacia le problematiche. Una sfida, quella dell’Autonomia, che proprio Antonio Comelli, indimenticato presidente della rinascita, seppe raccogliere e portare avanti con forza e dedizione. Una storia, la sua, di onestà, lavoro, rettitudine, impegno politico e civile. Decisivo è stato ancora aver impostato la ricostruzione guardando al futuro del Friuli, puntando alla prioritaria riattivazione dell’apparato produttivo, alla conservazione e alla rinascita dei paesi originari. Ai cittadini del nostro Friuli, dell’intera regione, oggi vogliamo lanciare un appello a rinnovare l’impegno per una nuova ricostruzione nel segno della solidarietà e della coesione, per una Regione che unita esalti il proprio modello di autonomia».
Sul palco si sono succeduti poi la presidente della Regione Debora Serracchiani e il commissario straordinario per la ricostruzione del Friuli, l’onorevole Giuseppe Zamberletti. Ed è stato proprio al grande tessitore di quella straordinaria pagina di storia mai più riproposta in seguito e altrove, che la platea auditorium, tutti i sindaci, il prefetto, il questore, gli amministratori, l’arcivescovo, le autorità militari e civili, ha tributato l’applauso più lungo.
Una vera e propria standing ovation, che ha commosso Zamberletti, lui varesino di origine ma friulano nell’anima. Ha parlato a braccio per pochi minuti, parole dense di significato. «Grazie a tutti i sindaci che allora vissero con noi quell’avventura – ha affermato Zamberletti -. Un pensiero riconoscente a Comelli e al prefetto Spaziante. Onestà, spirito civile e coesione furono i fattori per risolvere gli immani problemi del 1976, quando evitammo il collasso del tessuto sociale. La risalita fu seguita con emozione dall’intero Paese. Durante il lungo, difficile, periglioso cammino abbiamo sentito alto e forte il respiro della Nazione».
Infine riflettori sull’ospite più atteso, il presidente Sergio Mattarella, che ha chiuso il suo intervento prendendo in prestito una frase dello stesso Zamberletti: «un popolo non muore con il crollo delle case e il Friuli è vivo, perché sono vivi i valori che costituiscono l’anima».