Udine, 7 ott – La riforma costituzionale che il 4 dicembre sarà oggetto di referendum non intacca l’autonomia delle Regioni, tantomeno se a statuto speciale, ma dà una nuova prospettiva al regionalismo italiano, finora ostaggio di una distinzione non completamente chiara tra le competenze statali e regionali.
In estrema sintesi è quanto hanno detto Franco Pizzetti e Elena d’Orlando, i due esperti costituzionali invitati al convegno “Riforma costituzionale e autonomie speciali” che si è concluso da poco nell’Auditorium della Regione a Udine.
Che la riforma offra opportunità sulle quali bisogna riflettere è anche il parere espresso sia dal presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia, Franco Iacop, che dal sindaco del Comune di Udine, Furio Honsell. Entrambi, nei loro saluti introduttivi, hanno ricordato come il Friuli Venezia Giulia sia geloso e orgoglioso della propria specialità, una prerogativa che non è minata dal testo di riforma.
“Il rapporto che intercorre tra lo Stato, le Autonomie speciali e il Governo è stato discusso anche nel nostro Consiglio regionale”, ha detto Iacop, esprimendo poi la propria soddisfazione per il fatto che su questo stesso tema sia stata elaborata la Carta di Udine, il documento sottoscritto durante il dibattito dalla presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, dal presidente della Provincia autonoma di Trento, Ugo Rossi, dal suo omologo bolzanino, Arno Kompatscher, e dall’assessore agli Affari generali della Regione Sardegna, Gianmario Demuro.
Iacop, rappresentaNte dei presidenti di tutti i Consigli regionali, ha dunque evidenziato come all’interno della riforma le autonomie speciali non solo conservano la propria intangibilità, ma “diventato patrimonio e valore specifico del regionalismo in Italia”.
Le possibilità offerte dal testo che sarà sottoposto a referendum sono, per Elena D’Orlando, docente di diritto regionale all’Università di Udine, essenzialmente racchiuse negli “assetti istituzionali asimmetrici e differenziati”. Punto cruciale è comunque la riscrittura degli Statuti, definita dalla professoressa “vera clausola di salvaguardia delle autonomie speciali”.
Da D’Orlando è poi giunto l’avvertimento a non confidare ciecamente al “governo delle leggi”, poiché esso risulta poco efficace se non c’è anche un investimento su se stesso dell’intera comunità regionale, chiamata “ad indicare la strada verso la quale vuole che si indirizzi il suo futuro”.
Ribadendo invece come la riforma non preveda la modifica degli statuti speciali, Franco Pizzetti, docente di diritto costituzionale all’Università di Torino, ha espresso la propria convinzione che il quadro delineato dalla riforma renda la specialità delle Regioni “più viva”. Importante, inoltre, la composizione del Senato, che dovrebbe diventare chiara espressione dei Consigli regionali. ARC/PV/fc
Foto Montenero