(ACON) Trieste, 7 dic – RCM – Il Comitato ristretto istituito in seno alla V Commissione consiliare e coordinato dallo stesso presidente della Commissione, Vincenzo Martines (Pd), e ai cui lavori ha sempre preso parte il presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop, ha esaminato ulteriori novità da inserire nel testo di sintesi delle proposte di legge numeri 16 e 159 del M5S (prima firmataria Elena Bianchi), 156 di Barbara Zilli (LN), 153 di AP (primo firmatario Alessandro Colautti) e 164-01 ancora della Zilli con Luca Ciriani (FdI/AN), tutte intese a modificare la legge regionale 5/2003 relativamente alla richiesta, indizione e svolgimento dei referendum abrogativo, propositivo e consultivo.
Ci sono ancora dei punti su cui possiamo cercare di essere tutti d’accordo – ha detto Martines – prima di arrivare all’approvazione dell’Aula. Auspico una seduta della V Commissione per mercoledì 20 dicembre, dopo i lavori del Consiglio, già programmati per quel giorno. Si tratta di un’approvazione – ha aggiunto Iacop – che è auspicabile avvenga entro gennaio prossimo, per non essere troppo a ridosso del periodo elettorale.
Ecco che se il documento oggi contempla l’eliminazione di ogni riferimento alle Province vista la riforma delle autonomie locali che le ha abrogate, tanto la Bianchi quanto Colautti sarebbero per sostituirle con un numero minimo di Consigli comunali, mentre il presidente Iacop ha aggiunto il Consiglio delle autonomie locali (Cal) e le Unioni territoriali intercomunali (Uti).
Se poi sono tutti d’accordo nel prevedere gli ex consiglieri regionali o ex parlamentari, dunque figure che hanno avuto un’esperienza nel procedimento legislativo, tra coloro che possono essere chiamati a formare l’organo deputato al controllo di ammissibilità delle proposte di referendum, ovvero la Commissione di garanzia per i procedimenti referendari, in esame resta la modalità della loro nomina da parte del Consiglio regionale: attualmente a maggioranza dei due terzi dei componenti per la prima votazione, a maggioranza assoluta dalla seconda in poi. Questa modalità non garantisce appieno le opposizioni, ha detto la Bianchi preferendo il suggerimento di Iacop del voto limitato.
Dovremmo rivedere – così ancora la Bianchi – anche l’articolo 22 della legge 5 portando a 5.000 il numero minimo degli elettori per la presentazione delle proposte di legge di iniziativa popolare, che ora è 15.000. Se non altro – ha fatto presente trovando d’accordo gli altri consiglieri – per non essere disallineati con quanto prevede l’articolo 27 dello Statuto regionale di autonomia dopo le modifiche apportate dall’articolo 6, comma 1, della legge costituzionale 1/2016.
Giulio Lauri (Sel-FVG) ha, invece, affermato che deve essere salvaguardato il principio della terzietà e della tecnicità della Commissione di garanzia per i procedimenti referendari se si inseriscono gli ex consiglieri regionali o ex parlamentari, perché c’è il rischio – ha detto – che diventi una camera di compensazione dei percorsi politici interrotti poco prima. Infine, Roberto Marin (FI) e Giorgio Ret (AR) hanno chiesto di valutare la possibilità della raccolta e dell’autenticazione delle firme in via telematica.
In apertura di lavori, il Comitato aveva ascoltato i suggerimenti e le analisi fatte ai contenuti e all’applicazione nel tempo della legge regionale 5/2003 dai radicali Valerio Federico e Pietro Pipi, chiamati in audizione dietro richiesta del consigliere Roberto Marin (FI).
Come Movimento radicale – aveva spiegato Federico -, abbiamo depositato in Cassazione una proposta di legge popolare volta a riformare gli strumenti di iniziativa popolare di livello tanto locale quanto nazionale. Abbiamo verificato che dal 1988 a oggi – aveva aggiunto – avete indetto un solo referendum, di tipo confermativo, nel 2002, e sono poche le proposte di iniziativa popolare arrivate al voto. A seguire, Federico aveva fatto un elenco certosino dei punti deboli della LR 5/2003, ciò anche sulla base di una comparazione di quanto previsto in altre Regioni e degli ostacoli che si sono presentati in questi anni a livello nazionale, suggerendone le soluzioni e dunque le possibili modifiche alla norma.