Province sì, Province no

.
Sul tema “PROVINCE SÌ – PROVINCE NO ”, si è animato il dibattito politico, in quest’ultimo mese,  ovviamente legato alla necessità di dar corso all’applicazione della legge n.135/2012 di conversione del decreto Monti sulla “spending review” che prevede l’azione obbligata per le Regioni a statuto ordinario mentre per quelle a statuto speciale, come il Friuli Venezia Giulia, disciplina l’adeguamento, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, alle previsioni legislative nazionali.

Su questo argomento specifico c’è stata un’iniziativa del Consiglio regionale con l’approvazione di una mozione che ha istituito una Commissione speciale con l’audizione estesa, direi totale, dei soggetti portatori d’interesse su quest’argomento, quali:

-           rappresentati delle istituzioni provinciali;
-           ampie rappresentanze del sistema delle autonomie locali;
-           componenti della Commissione paritetica Stato/Regione;
-           docenti universitari della materia;
-           portatori d’interessi diffusi,  componenti della dimensione regionale, sociale ed economica;
-           direttori testate giornalistiche e d’informazione che in questo periodo stanno scrivendo sul tema.
Quindi un’ampia fase di consultazione.

Il Gruppo del Pd , in particolare, ha sempre sostenuto che la costituzione da parte del Consiglio regionale di una Commissione speciale segna in maniera inequivocabile il fallimento della giunta Tondo rispetto alle politiche delle Riforme Istituzionali.

Tondo ha annunciato più volte la volontà di produrre la riforma generale del sistema Regione-Autonomie locali e, a tal scopo, aveva indicato un assessore esterno il professor Garlatti; c’erano stati impegni precisi nella Legge istitutiva delle Unioni montane, piuttosto che in altri provvedimenti: un impegno che fissava, entro il 30 giugno di quest’anno,  il termine per la presentazione di un disegno di legge da parte della giunta sulla riforma delle Autonomie Locali.
Il tutto non è avvenuto, anzi sono sopravvenute nel frattempo le dimissioni dell’assessore Garlatti.
Pertanto la Commissionespeciale rischia di essere solo un modo per aggirare questa responsabilità politica che noi rimarchiamo puntualmente e precisamente.

Comunque sia la questione PROVINCE SÌ – PROVINCE NO è all’ordine del giorno del dibattito politico.
C’è la necessità di affrontare la riforma generale della Regione, ribadita dall’avvio del dibattito/confronto elettorale della stessa candidata alla presidenza della Regione Debora Serracchiani,  dopo che il processo avviato con il progetto di riforma, attuato dalla legge regionale n.1/2006 del precedente governo regionale, già indicava un percorso per il superamento delle province e, inoltre, aveva concretamente avviato strumenti di aggregazione dei comuni attraverso le associazioni intercomunali (Aster), le unioni  e anche le fusioni.

La legge 1/2006 aveva pure previsto meccanismi per l’alleggerimento della dimensione operativa/amministrativa, della complessa macchina burocratica regionale.
Il processo della legge 1/2006, cd. “legge Iacop” in quanto nella giunta Illy, in qualità di assessore alle autonomie locali,  condividevo la responsabilità politica di conduzione legislativa ed esecutiva del provvedimento quadro sulla riforma del sistema Regione-Autonomie locali, è stato purtroppo interrotto dalla nuova maggioranza regionale.
La giunta Tondo ha, infatti, provveduto all’abrogazione degli istituti delle aggregazioni di area vasta, ha bloccato i processi già avviati di fusione dei comuni (vedi Attimis-Faedis), ha azzerato le Comunità montane senza mettere in campo alcun strumento sostitutivo (se non pasticciato e molto più costoso come quello delle Unioni montane)  o di rinnovata riforma.

A questo punto il tema rimane sul tavolo.
Per semplificare il ragionamento:  “PROVINCE SÌ – PROVINCE NO”  non è bene affrontare il tema con una visione parziale ma, intanto,  potrebbe essere un punto di partenza.
Sono convinto che bisogna puntare – con la nostra azione animeremo il dibattito politico nei prossimi giorni –  sulla convinzione che il tema della semplificazione istituzionale, a cui deve seguire anche la riorganizzazione più generale della politica,  intesa come complessità del sistema Paese di fronte alla crisi, richiami alla necessità del superamento della dimensione provinciale, nata nel periodo napoleonico come organizzazione periferica dello Stato.

Le province hanno compiuto una loro funzione nell’amministrazione delle aree vaste e quindi anche nel farsi carico di problematiche quali la viabilità, l’istruzione superiore, l’ambiente.
Oggi credo che si debba riformare il sistema puntando su due presenze istituzionali:
-           la REGIONE con compiti di amministrazione generale, soprattutto legislativa e di programmazione delle funzioni;
-           le dimensioni territoriali riferite ai COMUNI che sono l’espressione diretta della Comunità locali. Ai comuni vanno riportati i compiti operativi e funzionali, di gestione diretta dei territori.

E’ chiaro che i comuni vanno adeguati , vanno riportati in dimensioni appropriate dal punto di vista operativo senza perdere la loro peculiarità di rappresentanza delle comunità ma organizzati in termini più vasti ed è in questa logica, quindi, il superamento delle province, che può essere condotto per fasi, nel senso che il superamento definitivo può avvenire solo attraverso la modifica della Costituzione e dello Statuto regionale.
Noi ci impegneremo in questo, nei prossimi mesi, con le opportune proposte di legge perciò il voto d’iniziativa del Consiglio regionale verso il Parlamento.
Contemporaneamente ci impegneremo per riavviare con risolutezza il processo di riaggregazione e di aggiornamento del sistema dei comuni e il trasferimento a questi di quelle politiche anche di sviluppo locale e di gestione del territorio in grado di rispondere con efficacia alle esigenze dirette dei cittadini anche nelle dimensioni territoriali più vaste che rappresentano poi la vera articolazione del territorio regionale, per peculiarità, per caratteristiche ambientali (pensiamo alla dimensione montana, la Bassa friulana, gli ambiti del Goriziano e del Monfalconese: spazi che già oggi, di per sé, rappresentano sistemi, in qualche modo, connessi. E’ proprio attraverso un processo federato, federativo e poi di integrazione progressiva che possiamo riallocare quelle funzioni che già oggi stanno nelle province.

E’ evidente che non possiamo immaginare di dare risposte immediate e definitive a tutti i quesiti che si possono porre nel dire:  “abroghiamo un’istituzione e cosa ci mettiamo al suo posto”.
Credo che, arrivati a questi punto, possiamo anche cominciare con il togliere, semplificare il quadro e riallocare in maniera legata alle esigenze funzionali quelle opportunità che sono in capo ad una istituzione,  ma non necessitano di una rappresentanza politica diretta per la loro gestione.
Il tutto, altrimenti, rischia di frammentare anche il quadro della responsabilità istituzionale, creando confusione rispetto “a chi fa che cosa”, in questo momento in cui il cittadino e la comunità, che sono di fronte alla crisi economico-finanziaria, alla crisi di opportunità e  di possibilità, chiedono istituzioni semplificate, dirette, immediate, in cui sia chiaro ricondursi alla richiesta e alla conseguente soluzione dei problemi diffusi.
Accanto ci deve essere anche un processo di semplificazione nelle procedure amministrative, che con la soppressione di un ente intermedio può ovviamente sollecitare e rendere più praticabile che non nel mantenimento “sine die” della realtà in essere.

Ma oggi abbiano anche un tema di fondo che è emerso nel dibattito di questi giorni: se fino a ieri c’era la possibilità, in nome della democrazia, di mantenere la stratificazione di organi e di rappresentanze anche queste, in qualche modo, rappresentavano sovrapposizioni funzionali, oggi ciò non è più possibile.
L’incrocio della democrazia con l’efficienza e la risposta che le istituzioni democratiche devono dare alle comunità è un dato necessario.
E’ ineludibile il richiamo: ai costi della politica, alla riduzione del deficit, al risparmio complessivo della macchina pubblica e la necessità di rendere più efficiente il sistema.
Perciò da qualche parte bisogna iniziare.  Credo proprio che si possa iniziare dal superamento di quelle istituzioni intermedie come le province, che sono istituzioni storiche ma che hanno sicuramente esaurito la loro funzione in questi tempi.

Share

Commenti

comments

Aggiungi ai preferiti : permalink.

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


*

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>